Strane storie in questa nuova “era” in cui tutto è preso dal coronavirus. Strane storie che si intrecciano e che generano perplessità. Soprattutto nei diretti interessati che in questo caso sono quanti compongono il corpo docente.

Il fatto brevemente: il recente Decreto urgente “Cura Italia” ha destinato 85 milioni di euro alla didattica a distanza e all’acquisto di strumenti per gli alunni meno abbienti.

Di questi, come dichiarato dal ministro Azzolina “10 milioni potranno essere utilizzati dalle istituzioni scolastiche per favorire l’utilizzo di piattaforme e-learning e per dotarsi immediatamente di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o per potenziare quelli già in loro possesso. Ponendo attenzione anche ai criteri di accessibilità per le ragazze e i ragazzi con disabilità… 5 milioni serviranno a formare il personale scolastico“.

Gli insegnanti e i presidi però, giustamente a nostro avviso, sebbene proprio loro per anni hanno atteso invano tali finanziamenti ritengono che in questo momento particolare del nostro amato Paese questi soldi andrebbero invece destinati a chi, più di tutti, ne ha bisogno: la Sanità. Sono tutti concordi nel dire che va bene destinare alle famiglie meno abbienti per gli strumenti indispensabili e per il pagamento delle utenze di connessione, ma chiedono che i fondi per gli insegnanti siano dirottati al settore sanitario.

Qui nascono i misteri della burocrazia: non si può.

Così nei giorni fa hanno lanciato diverse petizioni online sulle riviste di settore per far sentire la propria voce.

Per fare qualche esempio su La Tecnica della Scuola (link) sono ben 66 mila le firme raccolte a sostegno di questa giusta causa. In sole 36 ore ben 800 dirigenti scolastici, 41.500 docenti e 24.000 genitori hanno chiesto che stante le difficoltà evidenti a reperire sul mercato dispositivi tecnologici (tablet/notebook) in tempi utili allo scopo (didattica a distanza nelle prossimi settimane) e alle conseguenti complicate modalità di consegna, è quello di proporre l’assegnazione dei fondi, o di parte di essi, al comparto sanitario per le esigenze connesse all’emergenza in atto”.
“In un momento di terribile crisi sanitaria per il nostro paese e consapevoli degli sforzi che l’intero mondo della Sanità sta facendo per garantire livelli adeguati di assistenza medica – si legge nel testo dell’appello – chiediamo che i fondi destinati dal decreto Cura Italia (85 milioni) a potenziare la ‘didattica a distanza’ (dotazioni tecnologiche, inclusione, formazione del personale) possano essere destinati, se ritenuto necessario, al comparto sanitario per le esigenze connesse alla lotta contro l’epidemia in atto”.

“Tale iniziativa – concludono i promotori – restituisce comunque, anche alle famiglie dei nostri alunni, un messaggio educativo, di solidarietà e responsabilità collettiva, che resta ora e sempre uno dei principali obiettivi di ogni scuola”.

Il principio è per tutti lo stesso. Meglio rallentare e mantenere in vita tutto che risolvere con un’operazione “spot” un problema che giunti all’inizio di aprile non potrà salvare l’anno scolastico per come originariamente concepito. La didattica a distanza richiederebbe corsi e webinar per lo stesso personale docente e che ha durata di diversi mesi. Non in tempo per la fine dell’anno scolastico dunque. In aggiunta parecchi docenti sono già in possesso delle competenze digitali richieste che stanno operativamente mettendo in campo in questi giorni anche dopo aver seguito webinar e corsi gratuitamente messi a disposizione da varie agenzie o dagli animatori digitali dei propri istituti.

E allora perché non dirottare sulla Sanità una quota importante di  questi fondi? Gli insegnanti, tutti, stanno già facendo importanti sacrifici e sono disposti a farli senza chiedere nulla in cambio in questo momento di emergenza per tutti. È un senso di responsabilità cui tutti i cittadini siamo chiamati oggi. Anche il Governo, anche il ministro Azzolina di cui comprendiamo la buona volontà.

Ascoltiamo però gli insegnanti, il futuro lo costruiscono loro. Il presente lo stanno facendo gli operatori sanitari.

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Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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