Confermata per il prossimo 18 novembre l’apertura del nuovo Pronto Soccorso presso il Policlinico di Catania. Forse, non saranno soltanto “rose e fiori” per la città. Il mio intervento per “La Voce dell’Isola”


Della promessa -e spesso rinviata- apertura del nuovo Pronto Soccorso presso il Policlinico di Catania in via Santa Sofia ci siamo occupati recentemente quando ancora non si avevano notizie certe circa la sua entrata in funzione.
Ormai invece è noto, da alcuni giorni, che entrerà in funzione da domenica 18 novembre come annunciato dall’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza il 29 settembre scorso.

Il cronoprogramma per la sua apertura è partito, come il tam tam spontaneo via Whattsapp  che alcuni cittadini hanno avviato per avvisare tutti che, come detto dall’assessore Razza, da quella data non sarà più operativo il vecchio Pronto Soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di via del Plebiscito, il cui personale viene interamente spostato nei nuovi e certamente più funzionali locali. La notizia in sé era attesa da tempo e dovrebbe dare un po’ di respiro alla gestione dell’emergenza sanitaria a Catania.

Il condizionale “dovrebbe” è però obbligatorio, perché se è pur vero che noi proprio dalle pagine di questo giornale abbiamo chiesto -come potevamo, scrivendone- che si aprisse una struttura moderna ed efficiente peraltro già pronta e dotata di ogni moderna apparecchiatura (così è comunicato dalle autorità responsabili) è anche vero che coglie di sorpresa la contemporanea chiusura del vecchio Pronto Soccorso Vittorio Emanuele. Ci spieghiamo meglio: della sua chiusura si parla da anni e la riteniamo -in linea di massima- corretta. Ciò che ci lascia perplessi è che non si dia un tempo (anche solo di tre mesi) per rodare al meglio la nuova struttura emergenziale.

Facciamo un po’ alcuni conti utilizzando i dati dell’ultimo censimento utile così come pubblicati da Wikipedia. La sola città di Catania (senza considerare pertanto tutti i paesi limitrofi) ha una popolazione residente pari a circa 375 mila persone. La città è stata suddivisa in sei municipalità, una gran parte della popolazione catanese vive nella zona sud compresa tra la VI municipalità (San Giorgio Librino – San Giuseppe La Rena Zia Lisa Villaggio Sant’Agata), la V con San Leone e la I (centro storico che comprende anche l’Antico Corso o la zona Angeli Custodi per esempio). Queste zone da sole coprono ben oltre il 25% della popolazione residente (non meno di 100 mila residenti), a ciò si aggiunge tutta la popolazione che temporaneamente può risiedere per motivi di lavoro (pensiamo alle migliaia di lavoratori non residenti della zona industriale a titolo di esempio). Tutta questa parte di popolazione residente, e non, andrà quindi a convergere (soprattutto nei casi di primaria emergenza) nell’unica struttura presente in quella porzione di territorio: il pronto soccorso dell’ospedale Garibaldi di piazza Santa Maria di Gesù, già di suo al collasso in buona parte delle ore della giornata proprio per la sua centralità e con buona pace del Codacons che proprio pochi giorni addietro ha presentato un’esposto contro le lunghe attese in PS di questo pronto soccorso.

Per comprendere meglio quello che è il nostro timore: se pur una parte delle ambulanze sarà dirottata dal sempre preciso servizio 118 regionale (a onor del vero uno dei migliori in Italia) verso il Ps del Policlinico a partire dal 18 novembre, è anche vero che ci sarà un’ampia fascia di popolazione che rimarrà molto, troppo distante, dalla struttura di via Santa Sofia. Soprattutto in ore di punta quando il traffico di Catania impazzito non consente un agevole passaggio neanche ai mezzi di soccorso. O nelle giornate di intense piogge.

Fortunatamente sempre l’assessore Razza ha annunciato nella stessa conferenza stampa sopra citata la prossima apertura anche del nuovo ospedale San Marco di Librino, anch’esso dotato di Pronto Soccorso. Apertura per adesso fissata al 31 marzo del prossimo 2019. Sarà vero?

Ci auguriamo, mai come ora, di sbagliare e che tutto dal 18 novembre funzionerà al meglio, ma se così non fosse e qualche emergenza dovesse “sfuggire di mano” a causa dei lunghi tempi di percorrenza per arrivare dalla zona sud a via Santa Sofia poi non diteci che “nessuno aveva pensato a questa ipotesi”.

Luigi Asero


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Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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