Il privilegio di ricordare il sorriso che ti ho “rubato” in questi ultimi giorni, mentre in quel letto d’ospedale hai sostenuto la tua ultima battaglia. Da leone, come fece nonno, da te stesso per come, in quasi 60 anni di professione, hai combattuto nelle aule dei tribunali in difesa dei più deboli, di quell’ideale di Giustizia che ti aveva preso sin da giovanissimo e che fino agli ultimi giorni ti ha accompagnato.

Certo, ci sono anche i ricordi delle battaglie che uno contro l’altro abbiamo sostenuto, perché entrambi siamo nati testardi e tali si resta sino alla fine. Ma sono state battaglie condotte in maniera leale, sempre.

Avevi sempre ragione? Forse no. Avevi sempre torto? No, assolutamente. Te lo garantisco. Ci siamo, a volte in un passato ormai lontano, “scornati”. Abbiamo avuto vedute differenti, ma mai come da quando papà, il tuo amato fratello Nino, è andato via, siamo poi stati tanto vicini. E abbiamo parlato anche di questo “momento”, di questo “passaggio” che Tu temevi tantissimo. Ed è stato, il vederti per una volta fragile, quando ne parlammo, forse il momento in cui io e te siamo stati in assoluto più vicini. Anzi, ti dico di più. Forse è stato proprio il momento che ci ha avvicinato più di ogni altra cosa. Il momento in cui entrambi siamo entrati in una dimensione “umana” cui troppe volte sfuggivamo.

Da te ho imparato, (perché non ti davo soddisfazione ma osservavo il tuo essere e il tuo modo di fare), quello che si chiama “senso del dovere”, quella cosa che ti porta a lavorare per qualcosa che non si può rinviare anche quando per tutti è un giorno di festa. Da te ho imparato che i titoli non vanno mai anteposti se non strettamente necessario. Perché l’ “avvocato” è tale in tribunale, fuori -se non strettamente necessario- tutti siamo “signori”.

Ho imparato che si può e si deve rinunciare a ciò che si sa essere moralmente ed eticamente sbagliato. Ho imparato, ma questo l’avevo anch’io nel ‘dna di famiglia‘, che se si può si aiuta chi è in difficoltà senza per questo chieder qualcosa in cambio. E se possibile anonimamente.

Posso dirlo con forza. Sono tante le cose che ricorderò bene, con immenso affetto. Che ricorderò assieme alla penna Omas che papà ti regalò per la tua laurea e che Tu, in occasione di quella discussione, dicesti “voglio che la tenga tu, è la penna che papà mi regalò sapendo quanto la ammirassi in vetrina e quanto mi piacesse. A te piace scrivere… usala e scrivi anche per me e per mio fratello, tuo papà“.

Lo faccio zio. Lo faccio. A volte con qualche lacrima, come adesso. Arrivederci zio Salvatore.

gigi

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Informazioni sull'autore

Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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