naufragio-lampedusaDi Luigi Asero

Parla di immigrazione Enrico Letta durante il suo intervento alla Camera in vista del Consiglio europeo a Bruxelles del 24 e 25 ottobre. Auspica che l’Unione si muova presto perché “abbiamo parlato finora di un’Europa senz’anima” ma ora “dobbiamo parlare di un’Europa diversa“.

E su questa nuova politica europea sull’immigrazione Letta promette che l’Italia non accetterà compromessi, perché l’Italia con la nuova operazione “mare nostrum” è intervenuta senza alcun indugio assumendosi le proprie responsabilità ma quello dell’immigrazione rimane un “problema europeo perché la Sicilia non è periferia dell’Italia ma avamposto dell’Unione Europea“.

Letta esaminando la situazione chiarisce, più all’Europa che a noi italiani (già coscienti della situazione) che queste tragedie non possono più considerarsi occasionali, che non sarà l’arrivo della stagione fredda a fermarle. Quella in atto è una fuga di massa e come tale non potrà fermarsi spontaneamente. La “questione Lampedusa” è questione europea, non soltanto italiana. E per ribadirlo Letta richiama l’articolo 80 del Trattato.

Le politiche europee sul tema dell’immigrazione sono inadeguate e l’Italia, durante il suo semestre di presidenza, farà di tutto perché la parola “solidarietà” non resti un vocabolo scritto da qualche parte nei Trattati e nelle risoluzioni.

Intanto nei giorni scorsi si è svolta ad Agrigento (e non a Lampedusa) la cerimonia per ricordare le oltre 300 vittime del naufragio di Lampedusa. Alla presenza dei rappresentanti del governo eritreo (gli stessi da cui scappavano quei profughi) e in assenza dei loro amici e familiari bloccati al Cie e cui è stato negato il permesso. La “solidarietà” è fatta anche di gesti simbolici, in terra italica.
La Sicilia, quella dei siciliani, avrebbe preferito diversamente.

 

 

 

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