La metropolitana forse più cara d’Italia. Nella città che dovrebbe incentivare l’uso del trasporto pubblico, dal primo marzo, la FCE ha rincarato il prezzo del biglietto portandolo da 90 centesimi a 1 euro (valido anche per le stazioni esterne di Cibali e Nesima) e portando a 12 euro l’abbonamento mensile che vale soltanto sulla tratta sotterranea, 6 fermate in tutto. Invariata la validità (90 minuti) del biglietto, invariata l’integrazione con altro servizio pubblico (il biglietto vale infatti soltanto per il servizio di metropolitana) e non è mai stato integrato con il servizio di bus urbani dell’AMT (azienda non collegata).
Ma soprattutto sono invariate le tratte percorse. Solo 6 fermate appunto (Borgo, Giuffrida, Italia, Galatea, Stazione FS, Porto). I lavori per le altre tratte proseguono malgrado un blocco lavori nei pressi di piazzale Asia (snodo che dovrebbe essere fondamentale per la tratta Stesicoro-Duomo-Aeroporto). Allora ci si chiede l’aumento del costo a chi giova. Non certo a migliorare un servizio che allo stato dei fatti non è migliorabile, non a giustificare che è aumentato il prezzo del trasporto pubblico metropolitano in tutta Italia, perché in tutta Italia le metropolitane collegano realmente le periferie al centro. A Catania si collega una parte del centro con un’altra parte. Basta. E la si collega fino alle 20.30, domenica esclusa.
Per non parlare dell’impossibilità spesso di mettersi in regola, il distributore di biglietti presso la stazione Giuffrida prevede (ancora) le vecchie lire. Tre accessi su sei sembrano realizzati a favore dei furbi consentendo l’accesso senza obliterare il titolo di viaggio e, cosa forse più grave, il servizio esterno (con la vecchia littorina) prevede solo i treni per i paesi, con frequenze di diverse ore tra un treno e un altro. L’utente da zona Cibali o zona Nesima rimane tagliato fuori. Forse la buona vecchia auto a Catania resta l’unico mezzo ancora usabile e poco importa che la benzina sfiori ormai i 2 euro. Almeno si riesce a muoversi. Con buona pace del servizio “pubblico”.
Luigi Asero