di Luigi Asero

 

La recente batosta elettorale ricevuta dal principale partito di ciò che rimane della sinistra italiana, posto che si tratti di un partito di sinistra, mette al centro della discussione una ferita che si apre nella nuova Italia a marca Lega/5Stelle. Cosa ne sarà dell’area di centro sinistra?

La domanda, non proprio inopportuna è: il Pd vuol tornare a prendere voti?

Il risultato delle urne ci dice che sì, c’è stato un cambiamento di cui -volenti o nolenti- si deve prendere atto. Gli italiani hanno scelto a questo giro di votare per quei partiti o movimenti che hanno solleticato la loro “pancia”, che (almeno a parole) hanno provato a sondare i loro umori prima dei calcoli politici. Quei partiti che proprio dalla gente comune hanno scelto di ripartire. Viaggiando con mezzi pubblici, stringendo le mani ai cittadini, parlandogli. Che abbiano realmente compreso quali siano i problemi, o piuttosto non hanno finto di comprenderli, al momento non possiamo saperlo. Ci vorrà un’intera legislatura, non basteranno i primi mesi, per averne piena contezza.

Il Partito Democratico invece, almeno in questi primi giorni dello shock elettorale -quanto “inaspettato” non possiamo saperlo- sembra non comprendere ancora quei bisogni e si arrampica su pretestuosi “la gente non ha capito l’azione di governo” e amenità di vario genere predicate qua e là.

Cosa ha punito l’elettorato di questo Pd e più in generale di tutti i partiti politici (a esclusione appunto di Lega, Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia)? E cosa riguarda direttamente quel grande partito che è il Partito Democratico sotto la guida, improvvida, di Matteo Renzi?

La gente non ha più gradito l’incapacità di recidere i legami con personaggi e aree di dubbia provenienza, l’incapacità di escludere quei personaggi coinvolti in inchieste giudiziarie che logica vorrebbe fuori dai giochi politici (almeno fino a loro eventuale e completa assoluzione). La gente non ha più compreso i giochi fra partito e sindacati della stessa area, quei “finti” scioperi di due ore spesso organizzati a cose fatte, a provvedimenti già adottati sui quali non sarebbe più stato possibile tornare indietro. Come lo sciopero organizzato contro il job act e attuato per alcune ore quando il job act era ormai stato approvato. Gli elettori non capiscono perché i sindacati non intervengano energicamente laddove ci siano in ballo gli interessi dei lavoratori quando dall’altro lato c’è in ballo la “tenuta” del Governo (di stessa matrice politica).

L’elettore medio non si capacita di un partito che accoglie i Marchionne e fa manganellare (spesso) insegnanti e operai, che va avanti sui cantieri TAV di Val Susa (che anche la Francia ha abbandonato ritenendo inutile l’opera) e non riesce a chiudere (anzi nemmeno a iniziare) opere che sarebbero utili alla gran parte della popolazione, come il raddoppio di binari di tante linee pendolari.

La gente non comprende come a una tassazione fra le più alte al mondo non si riesca a far corrispondere una burocrazia efficiente, che renda ai cittadini un servizio pari a quanto pagato. La gente non comprende perché si parli di grandi opere e non si valorizza l’enorme patrimonio già esistente che -opportunamente rimodernato- potrebbe continuare a servire egregiamente tutti.

Il punto quindi resta: il Pd vuol tornare a prendere voti?

Se la risposta è affermativa allora si sbracci e inizi a lavorare seriamente, senza insulse polemiche, sappia fare mea culpa e lo dimostri con i fatti d’aver compreso i suoi errori. Faccia pulizia dei personaggi “scomodi” in odore di legami non proprio limpidi, faccia pulizia dei mestieranti della politica, torni a far scuola di politica, come facevano nei trascorsi decenni la DC e il PCI, inizi a proporre cose concrete, la smetta -per il Bene Comune dello Stato- di giudicare sempre male le proposte di altre parti politiche e si occupi -insieme a quanti avranno la buona volontà di farlo- di ricostruire questo Paese. Senza tangenti e senza secondi fini.

Magari fra un decennio riprenderà i suoi elettori e magari -questo partito- si sarà depurato dall’arrogante di Rignano.

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Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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