Pronto da ormai quattro anni dopo una spesa di 18 (diciotto) milioni di euro. Cui si aggiungono i soldi spesi nei primi mesi del 2018 dal Comune di Catania per la realizzazione delle rotatorie al fine di agevolarne l’accesso veicolare. Parliamo del nuovo Pronto Soccorso presso il Policlinico Universitario di Catania in via Santa Sofia. Un’opera destinata ad alleviare i disagi nella gestione dell’emergenza sanitaria, già più volte inaugurata dalla politica e dotata di tutte le attrezzature diagnostiche  con due tac, un angiografo, due Obi – una per i malati infettivi – e una grande sala gessi oltre all’Ortopedia. Eppure della sua apertura non si ha più notizia da mesi. La paura, legittima qualsiasi giustificazione abbiano i vertici universitari e la politica regionale e locale, è che si tratti dell’ennesima opera da dimenticare. Che verrà sì aperta ma quando quelle apparecchiature saranno ormai obsolete o danneggiate dal tempo e dall’incuria.

Riportava il quotidiano La Sicilia in data 5 luglio del 2017: “Ancora qualche piccolo ritocco, i collaudi dei macchinari e alla fine il pronto soccorso del Policlinico sarà pronto per essere aperto anche se in verità è da tempo che si vocifera l’apertura del nuovo reparto senza arrivare al giorno dell’inaugurazione…ma il «taglio del nastro» potrebbe slittare ancora e confermare che la politica in questo periodo di lunga campagna elettorale è restia a prendere decisioni anche se queste possono accrescere il livello di assistenza sanitaria in città”.

Sempre dal quotidiano La Sicilia, lo scorso 22 gennaio, apprendiamo che “solo con l’apertura sincronizzata di Policlinico e San Marco la parte sud della città manterrà il livello di assistenza sanitaria”. Così dichiarava il segretario generale della Cgil, Giacomo Rota.

Storie di Sicilia che siamo sempre costretti a ricordare e raccontare.

Il problema, quindi, pare sia quello del personale. Infatti l’azienda Policlinico Vittorio Emanuele per la sua apertura dovrebbe ricorrere al personale medico e paramedico già impegnato al pronto soccorso Vittorio Emanuele di via del Plebiscito. Personale che in quei locali lavora in condizioni di estremo disagio a causa della vetustà delle strutture (si tratta infatti di un antico ospedale di ottocentesca costruzione che, sebbene sia stato adeguato nel tempo, mostra tutte le sue criticità). In più il vecchio Vittorio Emanuele non è dotato di elipista per EliSoccorso come il nuovo che dispone dell’elipista direttamente sulla terrazza del padiglione.

Cosa accadrà a questo punto? Chiudere il Pronto Soccorso Vittorio Emanuele, lasciando che tutta l’utenza del  centro storico e della zona di Catania sud converga sul solo Pronto Soccorso Garibaldi centro, sarebbe una assoluta follia. Vero è che questo pronto soccorso vedrebbe diminuito l’afflusso di utenti provenienti dai quartieri a nord della città e dai paesi limitrofi, ma è altrettanto vero che centro storico e zona sud rappresentano i 2/3 della popolazione e quindi –potenzialmente- dell’utenza. Come potrebbe il solo Garibaldi centro farsi carico di tutto il maggior afflusso? E d’altronde appare improbabile aumentare i tempi di percorrenza delle ambulanze smistandone verso il Policlinico le destinazioni, soprattutto quando gli interventi riguardano le zone di Vaccarizzo o aeroporto/Santa Maria Goretti/Librino/Zia Lisa e via dicendo…

La soluzione sarebbe la contemporanea apertura del nuovo Pronto Soccorso presso il costruendo (e quasi in dirittura d’arrivo) ospedale San Marco di Librino. Ma quali sono i tempi? Difficile calcolarli, già più volte è stato infatti presentato alla stampa, già più volte annunciata l’imminente apertura…

C’è sempre un “ma” a complicare le cose quando ci si trova in Italia, e ancor più in Sicilia. E di “ma” ce ne sono alcuni in questa vicenda, non certo uno. In verità infatti si teme che trascorrano almeno altri tre o quattro anni per l’apertura del nuovo San Marco, tenuto conto che nei lavori pubblici noi italiani non siamo esattamente come i giapponesi. E c’è un secondo “ma”: il nodo del personale. Tanto che per l’apertura del Pronto Soccorso si è parlato addirittura di assunzioni di giovani medici con contratti semestrali aprendo però il pronto soccorso soltanto per livelli base di soccorso. Avrebbe senso?

Cosa sperare allora? Intanto meglio sperare di non aver bisogno di un Pronto Soccorso e, magari nell’attesa che l’inevitabile accada, anche che la magistratura inizi a far luce su una serie di accadimenti che puzzano un po’. Più di obitorio che di sanità malata.

Si tengono chiuse strutture che potrebbero rivelarsi fondamentali. Per incapacità amministrativa? Per carenza di fondi? O per il timore che ci sia altro che è meglio non far sapere? A pensar male si fa peccato, ma spesso s’indovina.

Luigi Asero

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Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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