di Luigi Asero

Storceranno il naso i tanti che si fermeranno alla visualizzazione del titolo, eppure di cosa parliamo? Parliamo di una morte lenta e costante. Di uomini, di donne, di bambini, di civiltà. Ieri altri morti nel mar Egeo, 12 vicino l’isola di Samo in Grecia. Altri sei al largo delle coste libiche. Non ci sono condizioni meteo che fermino i disperati in fuga, non esistono risoluzioni internazionali, non c’è umanità che possa fermare questa tragedia di dimensioni incalcolabili. Quanti sono morti? Quanti non sapremo mai se sono nati (e poi morti)? Quanti “senza nome” cercano scampo a ciò che scampo non dà. Vien da pensare quel famoso motivo di Roberto Vecchioni “Samarcanda”: non si sfugge alla morte e spesso si asseconda anzi il più crudele dei destini.
Qui però non possiamo fermarci alla filosofia spicciola, non siamo a discutere di ineluttabilità delle cose, qui possiamo solo esaminare gli eventi e continuare a denunciare quanto già da tempo si cerca di portare all’attenzione di tutti, in verità con ben poco ascolto. Qui si cerca di spiegare che in una tale situazione non si può rimanere fermi in attesa degli eventi. Né ci si può cullare con la “semplice” tranquilla accoglienza (si fa per dire “semplice”, si fa per dire “accoglienza” e si fa per dire “tranquilla”). Perché fenomeni di queste dimensioni non possono essere tranquilli, non possono non celare pericoli, e non possono liquidarsi con un “questo possiamo fare”.

Territori afflitti da conflitti atavici, altri afflitti da conflitti voluti dall’Occidente e meglio, dalla parte ricca dell’Occidente, non possono che produrre disperazione, voglia di fuggire, voglia anche di far i cavoli propri a casa altrui. Sono tanti, troppi, gli interrogativi che la politica europea e americana hanno messo sul tavolo senza pensare una adeguata risposta. Senza valutarne le conseguenze. O almeno sottovalutandole. E non può apparire casuale tutto questo.

In Libia la situazione, già precipitata con la caduta del dittatore Gheddafi è sull’orlo del precipizio. Con un Governo che non si riesce a formare e che, qualora si formasse, potrebbe produrre una nuova escalation di terrore stante l’avanzata dei jihadisti dell’Isis che nessuno vuol fermare. Impossibile pensare che accettino un governo in cui non hanno ruolo. Impossibile pensare di darglielo un ruolo. E allora a Governo formato sarà un’ecatombe di morte e di brutalità. Non ha senso ricordare la Shoah ogni 27 gennaio e poi non considerare i rischi di nuovi “nazismi”. Tranne che non facciano comodo a qualcuno di cui non possiamo nemmeno immaginarne l’esistenza.

La tendenza a coprire con un velo ciò che pensiamo possa disturbare è tutta occidentale. Lo si fa con le statue di Roma (e alla fine è il danno minore), lo si fa con i problemi internazionali. Si cercano vie per una ripresa economica globale. Ma a chi gioverà se nel frattempo l’Umanità sarà stata uccisa? Dall’indifferenza e dall’immobilismo prima ancora che dall’Isis.

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Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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