Commentare cosa produce un #terremoto stando seduto a 700 Km di distanza è forse la cosa più difficile. Immaginare cosa sia, cosa sia quel dolore fisico e morale che provoca, cosa sia vivere istanti che appaiono interminabili. Istanti in cui penso che si abbia la certezza che la propria “ora” è arrivata, istanti in cui passano forse davanti gli occhi tutte le persone cui si vuol bene, tutti gli affetti più cari, la disperazione di rimanere sepolti vivi e poi le ore -a volte i giorni- interminabili in attesa di esser tirati fuori, di rinascere. Morirci sepolti vivi perché malgrado lo sforzo dei soccorritori non si è arrivati in tempo. O essere salvati e poco dopo capire che le case e le cose e soprattutto le persone care non ci sono più.
Come si commenta qualcosa del genere? Come si immagina la morte quando nessuno di noi sa cosa sia, per il semplice fatto che altrimenti non saremmo qui a commentarla?
Come si commenta la morte di un figlio, di un nipote, di una persona amata, di un amico carissimo?
Facile dire che “tutti i giorni accade in guerra”. Eh no, la guerra è qualcosa che in fondo vogliamo noi, che non facciamo nulla per fermare. Nella guerra vediamo la “morte a distanza” quella di persone che non conosciamo, che non conosceremo mai, a volte di persone che la pressione mediatica ci ha presentato e fatto credere “ostili”. Certo che è terribile la guerra, nessuno può dubitarne.
Il terremoto però ci ricorda sempre e soltanto che a nessuno di noi è concesso sapere “quando arriverà l’ora” e che nessuno di noi è pronto a quel momento. Né che muoia, né che resti in vita. Perché in fondo, chi resta in vita con negli occhi quelle immagini un po’ è anche morto…
Si deve sperare, credere che si possa ricostruire. Ma non è la ricostruzione infrastrutturale il vero pensiero, quello è il pensiero di chi di quel terremoto non ha compreso nulla, quella riguarda solo il business. La vera ricostruzione è quella Interiore, quella che può darci la Speranza vera.
Questa ricostruzione, che avvenga in quei luoghi o in nuovi luoghi distanti mille miglia è quella più difficile, quella per cui nessuno Stato e nessun politico può aiutare.
Parte da noi stessi. Una sola preghiera per i sopravvissuti: che riescano in questa ricostruzione, che non dimentichino ma che ricostruiscano ciò che è rimasto di sé stessi.
Penso mille altre cose in questo momento, scriverei di tutto e su tutto. Ma da questo terremoto capisco che io -per primo- non sarei pronto. Ho bisogno anch’io di ricostruire me stesso.

Fonte: Profilo Facebook personale (29 ago 2016)

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Mi piace ascoltare, non semplicemente sentire. Il dialogo non è "parlare" ma consentire alle anime di incontrarsi

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